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Nell'Annunciazione di Samantha Torrisi è implicita una metafora esistenziale: un uomo piegato in atto di orazione avvolto da una luce, simbolo di divinità e palesamento di vita.
Samantha Torrisi porta avanti una poetica nella quale la dimensione del sacro riguarda una spiritualità che è riflessione sull’uomo e sulla natura. La sua “Annunciazione” si allontana dall’iconografia dell’Angelo e della Madonna, per rappresentare una metafora esistenziale: un uomo piegato in atto di orazione avvolto da una luce, simbolo di divinità e palesamento di vita. Lo spazio astratto non definisce il luogo e insieme alla presenza umana segna il limite di confine tra il mondo sensibile e trascendenza.
Da Catania per salvare il mondo. Intervista all'artista catanese Samantha Torrisi, Premio Speciale Save the Planet EneganArt di arte contemporanea, per l'opera "Finché non scomparve la paura".
Oltre a sensibilizzare, vogliamo dare speranza" aggiunge Angelo Barile. Come le due figure nella nebbia sulla tela di Samantha Torrisi, che riescono con fatica a non perdersi e poi trovano il sole.
Spirituale infine l’opera di Samantha Torrisi che induce alla meditazione. Qui “Annunciazione” è “visione” che arriva all’uomo di colpo, senza preavviso sotto forma di una luce abbagliante, metafora di mistero ma anche di vita perché la luce e vita.
I siti vulcanici hanno questo doppio significato di inizio e di fine, nascita e morte, creazione e distruzione. Un ciclo completo, fa sapere Ysabel Pinyol Blasi, curatrice del progetto e direttrice di Monira Foundation a New York. “Il paesaggio può diventare dominante o addirittura intimidatorio quando si scala la cima di un vulcano. Nel contesto delle installazioni, ho chiesto a tutti gli artisti – oltre a Duravcevic sono presenti Samantha Torrisi, Johannes Pfeiffer ed Oriana Tabacco, con un reportage fotografico – di ipotizzare forme e materiali che non sarebbero mai potuti esistere senza quel paesaggio.
Voglio iniziare con una cosa che in un articolo non si dovrebbe proprio fare: un elenco! Proprio così, una enumerazione randomica di assenze dalla cosiddetta “mappatura” della pittura italiana odierna, curata da Damiano Gulli alla Triennale di Milano.
Guardandomi intorno, tra le artiste con cui regolarmente lavoro, individuo quattro grandi campi d’azione. Il primo è quello che ho voluto chiamare “poesia del paesaggio”. Lo trovo particolarmente interessante perché il paesaggio non è uno spazio tradizionalmente femminile: nel passato la donna ha parlato soprattutto di corpo, di viso (tanto autoritratto, tanto guardarsi dentro). Eppure oggi il paesaggio domina. Le artiste che lo praticano sono le figlie delle campiture pastose di Gabriele Münter, delle trasfigurazioni oniriche di Georgia O’Keeffe, e raccontano un paesaggio poetico, ripensato, difficilmente definito con lo sguardo analitico del reporter. Cielo e foreste, mari e alberi stemperano in astrazioni emotive, come nei lavori (…) eterei di Samantha Torrisi.
All'interno del Centro Servizi del Comune di Nicolosi sono esposti gli oli su tela di Samantha Torrisi che vive ai piedi del vulcano. La sua ricerca pittorica spesso ha come soggetto i boschi che crescono sul versante nord dell’Etna, tra atmosfere brumose e meditative dal sapore nordico.
Il progetto ha l’obiettivo di presentare una selezione di artisti che sono nati, hanno vissuto, vivono o operano in maniera consolidata nel Meridione e aprirsi, tramite l’esposizione delle opere, alla riflessione sulle ricerche proposte e chiedersi anche se nascano, vengano mediate o contaminate dai luoghi di appartenenza sia fisica che concettuale che caratterizzano l’evoluzione di questi artisti. Il focus territoriale si fa quindi punto di partenza per una riflessione più ampia sullo stato dell’arte meridionale, dove il “Sud” non è confine ma punto di partenza.
Sono quei boschi e, in generale, il paesaggio il soggetto che prende forma sulle sue tele e sulle tavole che solo raramente vengono solcate da tracce minime di presenze umane. I luoghi rappresentati sembrano apparizioni che vivono in una dimensione altra, onirica, sono scorci di una natura in cui il tempo, privato delle sue declinazioni di presente, passato e futuro, ci restituisce una dimensione evocativa in cui tutto risulta avvolto da un senso di attesa. L’artista usa quasi esclusivamente l’olio i cui tempi lenti di asciugatura favoriscono lo scavo interiore, il recupero mnemonico di solito perso nella rimozione che rendono il soggetto lontano, avvolto dal pulviscolo atmosferico e che sovvertono le leggi della prospettiva in favore del perdimento atmosferico che annulla proporzioni e linee di contorno e che rende fugace qualunque dettaglio.
È questione di maniacale prassi. Ed è proprio questa prassi ossessiva, fatta di studio, ricerca e produzione, che restituisce visioni e legami covalenti di senso, che a loro volta muteranno nel tempo accrescendo la propria densità significante e poetica. L’opera di Samantha Torrisi è l’esempio puntuale di questa agglomerazione poetica, frutto di una prassi artistica e di uno studio cosciente di tutti i processi interiori scaturiti dal paesaggio e dal suo attraversamento.
Samantha Torrisi nous transporte dans une réflexion plus intérieure avec ses paysages vaporeux, qui sont à la fois un voyage initiatique et un questionnement sur l'opposition entre la liberté de ses choix et la destinée.
Samantha Torrisi ci conduce in un universo più intimo e riflessivo. Abbiamo lasciato i piaceri della carne per pensare al posto dell’individuo nel mondo. Le sue tele, meditative e silenziose, ci introducono a una prospettiva positiva e piena di speranza. La nebbia stessa dei suoi dipinti moltiplica, all’interno dei paesaggi, le letture e gli itinerari possibili. Il corpo dell’uomo, immerso in ogni sua opera, può diventare il luogo di un’epifania, grazie al gioioso e genuino contatto con la natura, che apre alla costruzione di nuovi futuri possibili.
In Italia ci sono almeno due Samantha: la prima, Astro Samantha, non si stanca di guardarci dalla sua nave spaziale; la seconda, siciliana, il cui cognome è lo stesso di una marca di caffè, non disponendo di razzi e supporti vitali, ci osserva da un luogo altrettanto inaccessibile: un nebbione padano. Un po’ strano, a pensarci bene, per chi, come Samantha Torrisi, viva e lavori a Giarre, alle pendici del Vulcano. La abbiamo intervistata in margine alla sua ultima, poeticissima mostra “Se ogni giorno fossi lieve”.
Samantha Torrisi descrive un mondo irreale attraverso delle immagini di «non luoghi», nozione definita dall’antropologo Marc Augé : «Se un luogo può essere definito come identità, relazionale e storico, uno spazio che non può essere definito identità, né come relazionale né come storico definirà un non luogo». Non rappresenta luoghi precisi, ma idee, pezzi di natura in cui colloca l’essere umano, generalmente solo, pronto ad essere assorbito da una fitta nebbia. Distruttore del bene comune, è tempo che si allei con la natura. I suoi dipinti sereni e pacifici invitano a dirigere lo sguardo verso l’interno, a impegnarsi nella riflessione e a sospendere il tempo.
Nello splendore di tele rarefatte, vibra l’incessante ricerca di riscontri a quesiti cosmici, senza tempo. E il tempo si ferma nell’immersione visiva. Non esiste. Diventa immenso spazio di profondità e bellezza nel quale discendere in un confronto intimo, silenzioso e illuminante. Parliamo di Samantha Torrisi, brillante artista siciliana che vive e lavora alle pendici del vulcano Etna e che da Catania, passando per Salonicco, fino a Parigi, sta attraversando un florido periodo di impegni con tre mostre, accomunate da sostanziali riferimenti alle urgenze attuali.
Negli ultimissimi lavori, le allusioni all’antropizzazione si fanno più assertive e assumono nuove connotazioni astratte. Come se il suggerimento della presenza umana a turbare la perfezione della natura non fosse più sufficiente per raccontare di un ambiente che sta soffrendo l’intervento dell’uomo e che a questo si sta sempre più ferocemente ribellando [...] il disturbo visivo si fa macchia, schizzo di colore vivo o nero come cenere. A suggerire che tra noi e il paesaggio che ci illudiamo di possedere si è alzato un vetro, un ostacolo che ci separa da quella nostra natura primordiale che abbiamo tradito e sporcato. Un impedimento che rischia di rendercela irraggiungibile e di fare di noi degli orfani senza dimora.
Un rapporto costante con la società odierna mediato da uno sguardo attento nei confronti della Natura e delle tematiche ambientali. L’artista declina così il tema del paesaggio attraverso momenti e situazioni differenti e non categorizzabili, nei quali il rapporto tra gli elementi è dialogante ed eloquente nella sua estrema sintesi lessicale e nella velocità di percezione. In questo risiede la potenza comunicativa della sua pittura in cui anche la figura umana, quasi una presenza accidentale, sfuggevole e sperduta, non è quasi mai protagonista sebbene, paradossalmente, proprio la sua esistenza ne sia la spinta generatrice.
Con Utopia del silenzio questa condizione si trasforma, per Samantha Torrisi, in principio poetico e strumento transitivo utile alla proiezione in dimensioni estranee alla realtà, ma che potenzialmente possono essere contenute in essa in maniera intrinseca. Malinconia e incognito portano alla luce le tracce dell’assente, e la forsennata rapidità del quotidiano lascia spazio al vuoto: tale processo di sottrazione corrisponde alla costruzione di non-luoghi. L’artista priva le strutture architettoniche delle rispettive peculiarità e ne esalta il consolidamento formale in cui viene a mancare ogni forma di appropriazione, nessuno vi abita e l’esistenza è definita dalla provvisorietà. L’immaginario utopico di Gibellina concede un’introspezione sensoriale e supporta un’estraneazione dalla sfera affettiva, azione necessaria a una diagnosi sovrasensibile. Nell’indagine di Torrisi sul territorio, che prende corpo in bozzetti, fotografie e schizzi, emerge un ricorrente uso di binomi opposti e inscindibili che mostrano nozioni vitali da cui dipendono valori contrastanti che disorientano l’uomo.
Tra le mura del suo studio, circondate da una natura prepotente, evocando scenari illusoriamente lontani, l’artista crea nutrendosi di immagini che spaziano dal cinema di Wim Wenders o David Lynch, alla fotografia di Luigi Ghirri. La natura circostante, protagonista dei suoi lavori, rinasce così sotto una luce diversa, nuova.
Un elogio all'intelligenza, "The Matilda Effect", mostra che indaga il tema del divario di genere [...] dieci artiste insieme per omaggiare virtù e ingegno di molte donne "cancellate", volutamente dimenticate, "per il solo fatto di appartenere al genere femminile".
I landscape fantasmatici e spopolati di Samantha Torrisi fanno parte di una mappatura emotiva più che di una reale morfologia. Il territorio etneo vi appare, infatti, trasfigurato in una sequenza di evanescenti ed eterei scorci, interrotti dai rari, ma pregnanti segni della geografia antropica: i cavi elettrici sospesi, i rettifili dei guardrail, le sparute presenze umane. Sono immagini che traducono in una compatta gamma cromatica, dominata dai blu, dai grigi e dai verdi, la malinconica psicografia dell’artista, incentrata sul complicato rapporto tra uomo e ambiente naturale. Alla radice delle visioni di Samantha Torrisi c’è l’influsso di certo immaginario cinematografico che rallenta e dilata i tempi di fruizione visiva, fissando nella retina dello spettatore fotogrammi indelebili. Tuttavia, questa sottile suggestione mediale che percorre l’arte di Samantha Torrisi non assume mai le forme del fotorealismo, ma, piuttosto, quelle di una trascrizione dei meccanismi narrativi della suspence e degli effetti di dissolvenza ottica nel vocabolario dei lemmi pittorici. Espedienti che l’artista adopera per creare quello che si potrebbe definire un “paesaggio fenomenologico”.
Che si tratti di paesaggi più o meno urbani o agresti, di luoghi inventati o reali, che si respiri aria di tramonto o di albe, le rarefazioni dell'artista catanese avvolgono lo spettatore rapito da quella tranquillità transitoria che anima le sue opere in egual misura che siano piccoli o grandi formati. [...] È incredibile quanto sia riuscita a creare nel bidimensionale di velature apposte come strati sulla tela, l'idea contemporanea di Non-luogo di Marc Augè per cui le sue nebbie diventano proprio non-luoghi della memoria, leggeri e intangibili, puntuali compagni della narrazione che filtra quel che sta accadendo subito dietro di esse.
Bufalino aveva la concezione di una Sicilia plurale. La mostra dà conto di questa molteplicità di espressioni in campo pittorico e scultoreo. […] Il filo conduttore è la sensibilità per il paesaggio. Un sentimento che viene declinato nei modi più diversi. Non c’è solo la Sicilia solare e mediterranea, ma emerge anche un lato umbratile. Si va dai bagnanti di Iudice alle periferie di Giuffrida, fino ai paesaggi nebbiosi ed evanescenti di Samantha Torrisi, atmosfere quasi alla David Lynch, con un’inquietudine serpeggiante.
Arte, Samantha Torrisi a Fattitaliani: nella pittura mi trovo e mi perdo. L’intervista.
Ci ritroviamo a percorrere sentieri saturi di vapori, di una atmosfera densa, pregnante. In Samantha Torrisi riscopriamo la magia dell'inconsistenza e dell'impalpabilità. Il mistero immanente, indefinibile e oscuro della natura in divenire in cui l'essere umano tende a svanire.
La catanese Samantha Torrisi cuce landscape suggestivi e lontani [...]
Sempre intensa e raffinata, Torrisi si misura con l’idea del paesaggio come metafora esistenziale raccogliendo le tracce di cinque paesaggi che non ci sono più. Grazie al suo “Studio sul paesaggio effimero” i bozzetti preparatori cancellati dalla sovrapposizione dei successivi strati di colore rimangono custoditi in forma di libro d’artista.
Un virtuale che non imita minimamente quello dei visori, un virtuale nativo della pittura, che riproduce in parallelo certi meccanismi familiari a chi è abituato al virtuale tecnologico. I simulacri di nebbia, le sagome di fumo dei quadri della Torrisi paiono fluttuare sulla tela, nuotare in uno spazio liquido come ologrammi solo parzialmente incarnati, bloccati a metà strada nel loro farsi figure umane, ologrammi mai nati, rimasti allo stato spirituale.
Et à ce qu’il évoque sur cette peinture de la sicilienne Samantha Torrisi, autrice d’une œuvre qui confronte le spectateur à une vision de l’existence humaine en constante évasion, en constante recherche, en constante transformation.
Se molto non sarà più come prima, tanto altro può essere ancora possibile.
Ci siamo ritrovati dentro a città improvvisamente spopolate. Portoni chiusi con noi dietro e finestre spalancate per fare circolare l’aria. La prima puntata di questa rubrica la dedichiamo a ciò che è rimasto fuori, al paesaggio. Molti artisti hanno affrontato questo tema, paesaggi esteriori e paesaggi interiori, ne abbiamo scelti alcuni: Samantha Torrisi, Giuseppe Lana, Pierpaolo Curti, Davide Bramante, Angelo Bellobono, riunendo i loro punti di vista.
A l’image de la pochette de Farewell…, due à la plasticienne Samantha Torrisi, «rencontrée par un heureux hasard, comme il y en a eu beaucoup dans mon parcours. La forêt embrumée symbolise ici un état dépressif universellement partageable.» Une vision existentielle de l’être qui s’échappe, cherche et change sans cesse. En parfaite synchronie avec la chanson «Aboulia» – l’aboulie, trouble psychique se manifestant par l’absence ou la diminution de la volonté, touchant des millions d’êtres humains en ce printemps à l’arrière-goût de suaire.
Et puis si l’on doit parler d’une rencontre entre un univers visuel et un artiste d’un autre média, on pourra désormais évoquer ce mariage réussi entre les chants plaintifs et tristes de Matt Elliott et les images hantées de l’italienne Samantha Torrisi. Pourtant, les peintures de l’italienne montrent peu, là le Vésuve qui entre en éruption, ici une ombre dans une ville, ici encore des sapins dans la brume. Dire peu ne veut pas dire ne rien dire. Encore une fois, il faut être réceptif à la pudeur timide du symbole. Avez-vous déjà senti cette réalité parallèle, cette mémoire qui suinte des murs, cette menace qui ronge les arrières-cours ? Le natif de Bristol comme la peintre l’ont cerné, eux.
L’artista ha presentato al pubblico dieci dipinti a olio, di cui un dittico, prediligendo per questa raccolta di opere che va dal 2016 al 2019, i toni dell’ocra e del blu.
Assolati o assiderati, i paesaggi di Samantha Torrisi, prendono il largo analogamente al dispiegarsi dei cieli ivi allegati: non per sovrapporre un ordine di grandezza all’altro, ma per dargli l’unità di misura di uno sguardo che non conosce limiti privilegiati quanto a punto d’osservazione o apertura d’obiettivo.
Paesaggi morbidi e prospettive d'ombre definiscono le visioni di Samantha Torrisi, che quadro dopo quadro dà vita a un mondo indefinito e irreale, giocato sulle mille contaminazioni dei media di oggi.
La Sicilia pennellata, come un velo steso sui paesaggi in cui poter mettere i piedi, come in un viaggio non solo immaginario. È la magia di un’artista catanese che si chiama Samantha Torrisi.
Tracce minime e delicate del passaggio umano. Luoghi che sembrano apparizioni, a metà tra la dimensione onirica e l'impronta mnemonica. I dipinti di Samantha Torrisi hanno una forte accezione evocativa. Sono scorci di una natura senza tempo, permeata di attese. Si estendono in una nostalgia che riempie gli occhi. E appaiono soffici, come la morbidezza di un affetto.
Per ACINQUE Torrisi ha scelto un’edizione a tiratura limitata con cinque paesaggi stampati su una carta ruvida che ricorda la trama della tela. Dodici pagine e copertina con il titolo "Studio sul paesaggio effimero".
Appassionata, profonda, un’artista amante delle contaminazioni, che trae l’ispirazione per le sue opere dai suoi percorsi e dalle sue esperienze. Il colore usato per esprimere le emozioni. Samantha Torrisi, la pittrice dell’anima, la ricercatrice dell’essenza delle cose e delle persone.
Della fotografia i paesaggi della Torrisi hanno il noema, cioè l'”esserci stato” degli oggetti, e il “non esserci più” (Barthes). Ma l'”esserci stato” di cui l’artista dota la realtà fissa gli oggetti secondo chiarezze, velature e nebbiosità in un certo senso protettive, in una atmosfera che può fermare le sensazioni all’asse della malinconia, in un suggestivo gioco di presenze che rinviano ad assenze.
La Sicilia orientale raccontata da Samantha Torrisi, lontana anni luce da quella propagandata sugli opuscoli delle agenzie di viaggio, è un territorio evanescente e mobile, che alterna alla meridiana luce metafisica degli scorci marittimi, l’uggioso e invernale grigio dei viadotti di cemento e delle strade d’asfalto [...] Una forma di autoritratto attraverso i luoghi, un auto-paesaggio, insomma, capace di tradurre scenari e vedute dei dintorni di Catania in un malinconico lessico visivo costruito, più che sugli elementi topografici (colline, pianure, spiagge e strade), sulle mobili fondamenta delle emozioni.
L’arte, in generale, dovrebbe sempre riuscire a mantenere una capacità critica. Non credo che da sola possa cambiare l’umanità ma che debba essere in grado di osservare la società in cui viviamo e indurre a porsi domande, a smuovere animi, stimolare l’intelletto.
Samantha Torrisi - Intervista a conclusione del progetto espositivo "Una sola moltitudine"
"Una sola moltitudine" rimanda a un contrasto tra l’unità e l’infinito, il solitario e la folla: stati d’animo in tensione anelano ad un’unità che forse non appartiene alla natura dell’uomo […]
“Una sola moltitudine” è una coppia ossimorica, assunta come titolo di questo progetto che riassume le contraddizioni e le complementarietà dell’esperienza di vita dell’uomo: individuale e sociale, unica e molteplice. La complessità della collettività si stratifica e si lega all’unicità dell’io, generando una narrazione corale che Samantha Torrisi sviluppa mediante piccoli (ma intensissimi) assoli visivi che diventano metafora della memoria.
Vivere per l’arte e di arte, questa l’ambizione di Samantha Torrisi […]
Ecco nuove suggestioni, nuove prospettive spaziali: dov’erano i neon, i corridoi infiniti d’inquietudine, si aprono ora paesaggi altrettanto sconfinati di nebbie, crepuscoli, fioche brume mattutine, nevi e chiarori, senza mai abbandonare, anzi amplificando fra le fredde campiture di bianchi e grigi, quell’alito di delicata silente introspezione che è cifra costante dell’artista siciliana. […]
Tutto ebbe inizio nel 1983, quando ascoltai per la prima volta Sinchronicity dei Police […]
Un’atmosfera spiazzante, inquieta e talvolta ridondante nell’ossessiva ripetizione di un’inquadratura che per struttura e composizione è figlia del cinema, quanto del fumetto o di certi videogiochi. Un circuito narrativo che nel ricondurre lo sguardo sul piano metaforico del viaggio, sembra attingere dalla pittura di paesaggio dell’800 siciliano, soprattutto lì dove, in rari casi, indaga elementi naturalistici virando bruscamente la propria tavolozza così da fornire delle pause falsamente rassicuranti ed infine depistare invertendo i toni nel frame successivo. Tutti i codici della pittura di Samantha sembrano generare un’immagine capace di adattarsi agli interstizi di una memoria minata da un lungo sonno o ad un piccolo shock cerebrale.
Luoghi di silenzio, paesaggi suburbani, luoghi in cui la diafanicità delle atmosfere impedisce qualsiasi collocazione temporale, "nostalgia della carne" e solitudini inaccessibili. Di fatto la Torrisi dipinge il nostro mondo, niente vi è di inventato, tutto è iperfunzionale, tutto è come una grande macchina, "non c’è più finzione, né realtà" (Baudrillard).
Il viaggio è fatto di immobilità, di elementi seriali che sbucano dopo le curve, di frames che Samantha ferma con scatti o riprese digitali, che ruba on-line, per un riempimento obliquo e misto dello spazio su tela trasformato finalmente in ambiente bastardo di mescolanze e contaminazioni figurative, cosicché la transumanza di maniere espressive possa coagularsi nell’intervallo interstiziale del supporto classico, tela e telo assieme in grado di sopportare al contempo soste e spostamenti. Solide zone del reale virate alba (o qualsiasi altra gradazione vi piaccia, purché sia tra quelle che lasciano l’uomo altrove) si estraniano dal vero per frequentare un azzurrognolo limbo in gestazione senza tonalità d’arrivo, in costante divenire e percorrere come il Sunset Boulevard di Lynch. L’attendibilità afferma e nega se stessa facendo perno sull’apparente percorribilità di un tangibile cammino esterno che si fa invece esponente di un dubitabile pensare il dopo, quello ancora troppo distante e che forse non è neanche un bel posto”.
Finalmente altri orizzonti sconosciuti! Chiedi un passaggio a chi va e non a chi ti viene incontro: questo ha bisogno di te e della tua libertà… Un futuro annebbiato, non chiaro ma, di certo, quella strada appare decisa, senza alternative. Ci si può soltanto fermare ai margini e attendere che il sole, attraverso gli spiragli a lui concessi dalla nebbia, si insinui per filtrare. Bisogna prevederli, quelli, osservando la direzione del vento, raggiungerli, saperne catturare il calore e orientarsi con la proiezione delle ombre per confermare le scelte e proseguire. Poi è indispensabile sapere attendere altri spiragli che rassicurano sul percorso del sole e seguirlo, inseguirlo, assillarlo proteggendosi dagli "abbagli" anche a costo di rincantucciarsi nel cono della propria ombra che è anche fre...scura oltre che scuro.
Non è neppure l’occhio che vede, neppure l’anima. Solo lo spirito. Lo spirito cerca un contatto quotidiano con il qui&ora, la presenza. Questo vedono i miei occhi, ma soprattutto il mio spirito. Così ho visto ogni quadro di Samantha, come una frazione di una grande distesa dello spirito che conduce Vita in lei, Vita che cerca di guardare oltre le pieghe della sua terra, Vita che vuole usare una via per Andare e poi forse Tornare… I colori sorgono da dove la vita si estende per condurci verso il gorgo sospeso nel cielo.
In An Invisible Journey, qualcosa di profondamente nuovo è accaduto, qualcosa si è trasformato: gli spazi, non meno enormi e stranianti, sono oggi spazi in moto, in qualche modo partecipati, dominati; e non occorre riflettere a lungo per cogliere che la figura umana non è scomparsa, è solo sbalzata al di fuori del quadro, risolta e riunificata con lo sguardo dell'osservatore restituito finalmente al suo ruolo, pacificato, maturato delle inquietudini non certamente scomparse, ma ora conosciute, metabolizzate, inquadrate, affrontate. Un viaggio invisibile che è parte e compimento di quella stessa pellicola, un percorso catartico e necessario, non di fuga ma di ritrovamento, di scoperta, di esplorazione, verso chissà quali future attonite istantanee rubate al flusso incessante dell'essere, ed eternate dal calore, dal colore, dal segno.
Questi meandri di metrò disabitati e queste strade verso chissaché, questi dungeon illuminati dal neon non sono raffigurati con una pittura netta e spietata; viceversa li avvolge un’aura ambivalente che li addolcisce e allo stesso tempo li rende più enigmatici. Certo la pittura di Torrisi qualche anno fa era più esplicitamente collegata ad un immaginario da videogioco o da fumetto steampunk, alludendo in modo più diretto ad un gergo visivo da tribù metropolitana, ad una sensibilità da rock estremo. Forse oggi, nei suoi dipinti più recenti, il suo sguardo si posa anche sull’esterno, includendo talvolta perfino la visione di un cielo che però è "sotto Berlino", un cielo che a sua volta guarda in soggettiva, un mondo spopolato, abbandonato da presenze vive, in cui sono rimaste solo le cose […]
Visioni metropolitane, notturni al neon, nelle immagini di Samantha Torrisi che dipinge il buio e trova la luce, o i suoi riflessi, sui campi d’asfalto delle strade, tra le linee bianche delle carreggiate, alla fine di sottopassaggi scuri come tunnel, nel cuore delle cupe stazioni dei treni sotterranei. Luoghi di passaggi veloci, e deserti, che ricompongono, tra aloni gassosi d’indefinibile origine, i frammenti di un’algida architettura urbana.
Si tratta pur sempre di un’operatività in progress, e talvolta anche in maturazione. […] C’è da rimarcare un tratto insieme stilistico e allegorici i dipinti di Torrisi suggeriscono sempre la soggettività, lo sguardo ravvicinato, tipica degli FPS, first player shooting, film interattivi per computer. […] Un’importanza specifica assume il taglio dell’inquadratura, anche perché le figure viventi in questo desolato paesaggio urbano rifiutano qualunque connotazione: appaiono come meri elementi della scena.
Una presenza/assenza connotata proprio da interni algidi e anonimi – sconosciuti corridoi suburbani, apparentemente spersonalizzati, scaglie di indistinte unità abitative, infrastrutture per il trasporto – che contrastano con una scelta cromatica calda, accattivante e che forse celebrando una nostalgia della carne la riconoscono ormai come simulacro. L’artificializzazione della natura è compiuta. I frammenti rallenty – una moviola dolorosa? – di Samantha Torrisi sono marchiati da una sorta di aura "bladerunniana".
La suggestione dei videoclip e dei videogiochi, del frame e del balbettio catodico condensa i grandi olii di Samantha Torrisi. È un mondo angosciosamente urbano, contrassegnato da una tecnologia onnipresente ed invasiva. […] La presenza umana è percepita nella sua dimensione quasi robotica.
I suoi "senza titolo" si aprono ad ogni possibilità interpretativa sulla quale continua a giocare non poco il magnetismo degli spot pubblicitari, degli effetti fotogramma e dell’intero universo iconico virtual-televisivo.
Sono realtà più virtuali quelle degli olii di Samantha Torrisi. […]
I rarefatti ambienti alla Wenders delle sue tele, le solitudini inaccessibili estrapolate dalle immagini televisive o da riprese digitali ci restituiscono un mondo angosciosamente metropolitano raggelato in un continuo fermo-immagine sporco, distonico, amplificato dalla fuga prospettica che pare citare giganteschi schermi di computer-game. Samantha Torrisi evoca tutto l’immaginario "cybernoir" del Neuromante di William Gibson, nel cui mondo "il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto".
Samantha Torrisi racconta momenti implosi di vita metropolitana. […]